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Non tutti i solfiti vengono per nuocere: conosciamo meglio l’anidride solforosa nel vino
“Contiene solfiti”. Ebbene sì, lo troviamo dichiarato su ogni etichetta di vino, come se quell’avvertenza fosse un monito, un pericolo, qualcosa di cui diffidare. La verità è che l’anidride solforosa è un allergene, e per questo deve essere segnalato in etichetta, ma spesso ho visto attribuirle molte altre proprietà.
Ho sentito dire di tutto sui solfiti: “ah che mal di testa, colpa dei solfiti”, “questo vino mi fa girare la testa, colpa dei solfiti”, “appena bevo un sorso di quel vino ho subito mal di pancia, colpa dei solfiti”.
Insomma è sempre colpa dei solfiti: ma sono davvero la causa di ogni malessere che possiamo riscontrare dopo avere bevuto del vino?
In questo articolo, tra lo scientifico e il molto pratico, andremo a vedere il vero ruolo di solfiti (o anidride solforosa) nella produzione del vino. Spoiler: non sono loro i “cattivi”.
Il ruolo dell’anidride solforosa nel vino
L’anidride solforosa è aggiunta al vino per le sue proprietà antisettiche, antiossidanti e antimicotiche. Può essere aggiunta sulle uve, mosto, utilizzata per arrestare la fermentazione primaria (alcolica), o per inibire o arrestare quella malolattica, e aggiunta in fase di maturazione e all’imbottigliamento.
Per praticità, in questo articolo la chiameremo nella sua formula chimica: SO2 (Biossido di Zolfo).
La concentrazione di SO2 si misura in ppm (parti per milione) quindi in milligrammi per litro (mg/l). Con la giusta quantità di SO2 si forma un efficace schermo protettivo nel vino contro l’ossidazione e la contaminazione microbica, perché, detta in parole povere, intercetta e si lega a questi “agenti” pericolosi.
Quando si usa la SO2?
La SO2 si può aggiungere prima della fermentazione, per eliminare funghi o batteri e controllare ossidazione o contaminazione batterica. Viene usata anche per assicurare che i grappoli siano mantenuti integri e non inizino fermentazioni spontanee non controllate. La SO2 si può aggiungere anche dopo la fermentazione.
Mentre la SO2 aggiunta prima della fermentazione sparisce durante il processo produttivo, è quella che si aggiunge dopo che va monitorata e “aggiustata”, mantenendo sempre il giusto livello di SO2 “libera”, ossia non legata agli agenti pericolosi sopra citati. È bene aver chiaro che, nel processo di fermentazione, gli stessi lieviti producono composti molecolari sulfurei, benché in quantità molto piccole. Quindi, in pratica, non esiste un vino assolutamente senza solfiti. Ci possono essere vini senza solfiti aggiunti.
Le forme dell’anidride solforosa
La SO2 nel vino esiste in più di una forma. Nella vinificazione si fa spesso riferimento alla SO2 “totale” che è una combinazione di SO2 “libera” e SO2 “legata”.
La SO2 “legata” è la frazione che si è legata ad altri composti molecolari contenenti zolfo e quindi non può più svolgere un ruolo antisettico / antiossidante. La SO2 “libera” è la frazione utile, cioè quella che resta pronta per “difendere” il vino e proteggerlo da ossidazione o attacchi microbici. Una parte della SO2 libera viene definita molecolare, e a me piace anche chiamarla super SO2, perchè è la parte più efficace contro le contaminazioni batteriche.
L’equilibrio tra queste tre forme dipende dal pH, ma senza andare in formule difficili, ci basta ad oggi sapere che più il vino è acido (pH basso), più l’ambiente diventa ostile per i batteri, e per questo basta una quantità minore di SO2. Esistono tabelle specifiche che dichiarano quanti mg/l di SO2 devono essere in forma libera per ciascun livello di pH del vino: ad esempio, un pH di 3,6 necessità di un livello di SO2 libero di 50ppm. Ma non è così automatico e matematico.
Due vini apparentemente identici per pH, stile, grado alcolico, acidità e residuo zuccherino possono benissimo avere due esigenze diverse circa il quantitativo necessario di SO2, perché influiscono anche altri fattori, quali elementi nutritivi nel terreno, igiene della cantina, modalità di vinificazione. Il livello di SO2 va quindi monitorato e aggiustato per mantenere il vino protetto, fresco e longevo. In definitiva, la SO2 è assolutamente utile. Ma non solo, è anche innocua sotto certi livelli e per persone non allergiche.
La quantità di SO2 totale consentita nel vino è regolata dalla Legge e, come tale, sarà presente solo in quantità che sono sicure per il consumo umano (ovviamente ciò dipenderà dalle leggi della Nazione di produzione). Nell’Unione Europea, ad esempio, il limite legale di base per i vini secchi è di 200 mg per litro per vino bianco e 150 mg per litro per vino rosso (il vino rosso ha bisogno di meno anidride solforosa perché contiene più composti fenolici, che agiscono come antiossidanti naturali). Anche l’agricoltura biologica consente l’utilizzo di anidride solforosa, ed è raro vedere un vino prodotto interamente senza SO2.
Protezione, potenziale di invecchiamento, e composti volatili
Alcuni studi hanno evidenziato che la SO2 non solo ha un’azione antiossidante, contribuendo al potenziale di invecchiamento di un vino, ma contribuisce anche alla formazione di alcuni composti volatili a causa dell’elemento “zolfo” nella formula SO2 (Biossido di zolfo, appunto).
Si ritiene che nel Sauvignon Blanc la formazione ed il rilascio di Tioli (i componenti aromatici responsabili dei sentori di passion fruit, pomodoro e asparago, tipici del vitigno) siano influenzati dalla presenza di zolfo, infatti tendono a essere minori per i Sauvignon Blanc prodotti con uso del legno (quindi grande influenza da parte dell’ossigeno) e poca SO2.
Ma non solo, a parte i componenti aromatici propri dell’uva, nella vinificazione in riduzione, l’uso della SO2 influisce anche sui cosiddetti sentori minerali. Infatti una delle reazioni legate alla presenza di zolfo (connesso al metabolismo dei lieviti in assenza di ossigeno) è proprio la produzione di solfato di idrogeno (H2S) che è responsabile del “famoso” sentore minerale. Ci sono diversi fattori che influiscono sulla produzione di H2S: carenza di azoto nel terreno, carenza di nutrienti per i lieviti in fase di fermentazione, maturazione in riduzione, gestione dell’OTR (oxigen transmission rate) in fase di imbottigliamento.
Ecco dimostrato che i solfiti, o meglio l’anidride solforosa, hanno ben due grandi meriti: svolgere funzioni importanti di protezione dall’ossidazione e dal degrado microbiotico, e arricchire il vino con composti volatili che donano freschezza e complessità.
Da cosa deriva il mio mal di testa?
Studi hanno dimostrato che si tratta di una combinazione di cause, più probabilmente ascrivibili all’alcol ex se e a un gruppo di composti chiamati ammine biogene (BA).
Sono molecole organiche contenenti azoto e svolgono funzioni biologiche. Sono prodotti da decarbossilazione degli amminoacidi da parte di enzimi durante il metabolismo di lieviti e batteri. L’istamina è la più nota, e può essere tossica in certi casi.
Normalmente, il nostro corpo metabolizza le BA e ce ne liberiamo. Ma se gli enzimi coinvolti nella digestione delle BA vengono inibiti, dall’alcol per esempio, o i livelli nel corpo sono eccessivi, allora possono causare mal di testa, rossori alla pelle, reazioni allergiche e respiratorie.
Non esistono livelli legali entro i quali produrre i vini, ma inizia ad aumentare la richiesta di livelli standard tra produttori/imbottigliatori.
Produrre vini con ammine biogene basse è possibile controllando la microflora indigena.
L’uso di SO2, o di alternative come Pulcherrima Metschinkowa, all’arrivo per minimizzare la popolazione batterica, temperature basse, raccogliere con pH relativamente più bassi, aiutare la MLF (se desiderata) con batteri selezionati di modo che sia veloce e sicura, e utilizzare SO2 (o Chitosano) per eliminare i batteri residui possono essere alcuni dei rimedi.
Sophie Parker Thomson MW ha pubblicato il suo RP dimostrando che la produzione di vini poco interventisti può far aumentare la produzione di BA per via del processo: macerazioni lunghe, contatti prolungati sulle fecce, lieviti e batteri indigeni, nessuna filtrazione finale. Il suo paper mostra come anche un intervento minimo di controllo attraverso l’uso di SO2 può far diminuire il rischio di produzione BA considerevolmente.