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Wine Geek
Il suolo può influenzare la qualità del vino?
Il suolo è l’insieme di materiali di diversa grandezza, trama e compattezza che da sostegno all’impianto radicale e permette di dare nutrimento e acqua alle radici attraverso le micorize. La sua composizione e struttura determinano pH e disponibilità di acqua e nutrienti diversi. Il suolo influenza la resa e la qualità del raccolto attraverso fattori come accumulo fenolico, acidità e concentrazione di sapori e quindi incide sulla qualità finale del vino contribuendo a vini di mera espressione varietale dal posizionamento entry level, fino a vini di grande sense of place con posizionamento iconico. La qualità del suolo può anche rovinare la qualità del vino finale, quando la popolazione batterica nel suolo contribuisce ad aumentare l’acido acetico e produrre acidità volatile nel vino. Alcune regioni del vecchio mondo come le AOC Francesi collegano l’alta qualità del vino a rese basse, ma per lo scopo di questo articolo si valuta solo il suolo e le sue proprietà. L’essay discute di come il pH, la fertilità del suolo e la disponibilità d’acqua possono influenzare la qualità del vino.
Suoli dal pH basso: i suoli sabbiosi
I suoli sabbiosi sono molto drenanti e tendono ad essere carenti di materia organica, mostrando spesso un pH basso. Ciò influisce sulla qualità del vino in termini di accumulo di zuccheri e polifenoli. In suoli con pH più acido lo scambio cationico è più basso e i macro elementi nutritivi maggiormente disponibili sono azoto e potassio. Il fatto di essere molto drenanti determina scarsa ritenzione e uno strato superficiale relativamente sottile, rendendo la materia organica bassa. In questo caso, i rimedi agronomici possono aiutare a produrre vini di qualità elevata attraverso irrigazione, sovesci che mantengano carbonio nel terreno e quindi aiutare a trattenere l’acqua. I suoli sabbiosi di Mendoza aiutano la vigoria del Malbec. Per produrre vini di alta qualità con tannini maturi e acidità slanciate alcuni produttori gestiscono l’alta vigoria attraverso porta innesti Riparia per Berlandieri che permette radici fittonanti ma limita la produzione di rami e foglie. In questo modo può limitare l’irrigazione permettendo l’attivazione dell’ormone abscisico al fine di avere una corretta maturazione fenolica perché in terreni del genere il rischio è di avere un eccesso di produzione verde e tannini acerbi. Per limitare pH elevati nel vino è preferibile intervenire con acidificazione e acido tartarico fino a 1.2g/l e limitare la pressione in pressa a max un bar per non estrarre potassio. In questo modo si riesce ad estrarre una quota maggiore di vino e limitare gli sprechi. Al contrario in suoli sabbiosi ma più ricchi di roccia e granite come Baumes de Venise il Muscat Blanc a Petit Graines riesce a maturare concentrazione aromatica tipica del vitigno. Suoli dal pH basso possono provocare vini acerbi e con poca concentrazione fenolica, ma rimedi agronomici possono limitare questi problemi per aumentare la qualità.
Suoli dal pH basso: i suoli vulcanici
Anche i suoli vulcanici mostrano spesso un pH basso, come quelli sabbiosi, ma la loro diversa struttura influisce diversamente sulla qualità del raccolto e quindi del vino. Siccome i terreni vulcanici sono meno drenanti rispetto ai sabbiosi, anche se hanno pH basso sono meno poveri e riescono a trattenere più acqua e materia organica. La materia organica aiuta a decomporre e rendere disponibili elementi nutritivi alle micorize delle radici. I migliori produttori a Santorini monitorano tramite osservazione il colore e la turgidità delle foglie e petiols per verificare l’apporto ottimale di azoto, circa 70ppm, al fine di non avere un eccesso di vigoria sull’Assyrtiko e mantenere i brix alla vendemmia non superiori a 26. Ciò contribuisce a vini con equilibrio alcol- acidità. Suoli dal pH basso possono anche produrre vini concentrati e in equilibrio se la struttura e compattezza permettono ritenzione idrica e maggiore materia organica.
I suoli dal pH elevato
I suoli con pH superiore a 8 tendono ad essere più ricchi di argilla e possono essere più fertili influenzando negativamente la qualità finale del vino a causa delle carenze di certi elementi nutritivi. Suoli alcalini tendono ad aumentare lo scambio cationico e dare disponibilità di elementi come calcio a discapito dell’azoto. Azoto limitato significa che la pianta riduce la fotosintesi e il conseguente metabolismo carbonico. In casi estremi le foglie ingialliscono e i grappoli rimangono acerbi senza accumulo di brix. In fermentazione questi vini presentano il rischio di blocco delle fermentazioni per lo stress dei lieviti o un eccesso di composti sulfurei volatili che poi dovranno essere gestiti con areazione o rame. Yann Alexandre per produrre Champagne di qualità utilizza rootstocks resistenti al calcare attivo come 41b e monitora il contenuto di azoto nel suolo attraverso sovesci di legumi. In cantina controlla YAN in fermentazione dando, se necessario, scorze di lievito per nutrire i lieviti. Terreni con pH elevato tendono anche a produrre vini più acidi e longevi. In Puligny Montrachet il suolo alcalino consente ai migliori produttori di avere acidità molto alta con struttura capace di lunghe evoluzioni. La leggera carenza di azoto contribuisce alla produzione di H2S che dona complessità talcata. I suoli con pH alcalino possono produrre vini di grandissimo sense of place ma è necessario provvedere alle carenze nutritive di azoto che presentano.
La presenza di materia organica
La materia organica influisce sulla qualità e salubrità delle uve e quindi del vino finale perché influisce sulla flora batterica e in particolare gli acetobacter. I suoli che vengono sfruttati con agricoltura intensiva e utilizzo di pesticidi di sintesi presentano poca vitalità e materia organica. Uno studio pubblicato su Wine Science evidenzia come lo sfruttamento eccessivo abbia inaridito i suoli causando un aumento di acetobacter sulle uve. Tale allarme causa un aumento di deterioramento batterico tra cui acidità volatile e ossidazioni causando danni economici e d’immagine. Lo sfruttamento intensivo ha causato un accorciamento della vita media della vite. In Toscana Ricasoli ammette che lo sfruttamento degli anni 90 ha contribuito a piante che vivevano una media di 15 anni. Oggi, grazie alla viticoltura rigenerativa che premia la biodiversità, uso di compost e vitalità del terreno le piante producono uve più sane e hanno una vita più lunga al fine di produrre vini più concentrati e strutturati. Se in zone mediterranee e soleggiate per la produzione di vini rossi come Sangiovese la fertilità del suolo aiuta a mantenere biodiversità e flora batterica è anche vero che in zone più fresche come la Borgogna la povertà dei suoli ha determinato il grande successo degli Chardonnay e Pinot Noir. Anche in quei casi, però, la longevità delle viti e salubrità delle uve è raggiunta in quei Domaines che hanno avuto un approccio meno intensivo e più olistico da molti anni. La fertilità del suolo influenza la qualità finale del vino perché influisce sulla flora batterica.
La disponibilità di acqua
La disponibilità d’acqua influenza la qualità finale del vino perché l’eccesso o la carenza influiscono sul metabolismo e la fisiologia della pianta. Un eccesso di acqua soprattutto nella fase finale della maturazione determina una possibile diluzione della concentrazione. In terreni fertili dove l’irrigazione è la norma come in certe aree del South Australia produttori come Yellow Tail utilizzano sistemi di allevamento orizzontali doppi al fine di massimizzare resa a qualità buona per la produzione di Chardonnay entry level. In questo modo la pianta non va in stress e produce un raccolto in equilibrio dalla qualità buona perché il rapporto foglie grappolo è mantenuto. Sebbene non ci sia sense of place, i vini esprimono tipicità varietale, sono puliti e semplici, per un prezzo inferiore a €10. Altrove, in caso di siccità, lo stress idrico provoca la chiusura degli stomi e quindi il blocco della fotosintesi clorofilliana. L’aridità di certe annate come la 2017 ha provocato – in certe aree – grappoli con tannini verdi e pochi antociani. Solo la correzione in cantina attraverso macerazioni brevi e aggiunta di tannini e gomma arabica hanno aiutato a produrre vini di qualità accettabile. Altrove terreni siccitosi ma con buona capacità di ritenzione come Jerez beneficiano di accumulo di acqua durante le piogge per dare nutrimento nelle prime fasi della stagione al Palomino Fino. La fase finale più siccitosa non è rilevante perché la vendemmia è tipicamente anticipata al fine di produrre un prodotto senza trama fenolica e con poco accumulo di alcol e aromi, ideale per lo stile Fino. La disponibilità di acqua influenza la qualità ma anche lo stile finale del vino.
Il suolo influenza la qualità finale del vino perché la sua composizione, struttura e fertilità sono fattori che influenzano accumulo fenolico, di acidi e sapori nel grappolo. Il pH influisce sulla disponibilità di certi elementi nutritivi determinando eccessi o carenze di vigoria che si traducono in vini che possono avere qualità da entry level a iconiche. La fertilità è importante perché definisce la popolazione batterica e può influire su eventuali deterioramenti nel vino finale rendendo la qualità inadatta alla vendita. Infine la disponibilità di acqua determina i livelli di concentrazione piuttosto che l’equilibrio fisiologico rischiando di mandare in blocco lo sviluppo del grappolo deteriorando la qualità dei tannini e antociani nel vino finale.