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Scienza del vino: bollicine e aspetti significativi dei vini spumanti
Le bollicine nel vino sono amate da molti, e danno vita ad alcuni dei vini e delle denominazioni più importanti del mondo. Ne abbiamo già parlato anche nell’articolo relativo a “La produzione degli spumanti” dove vi abbiamo spiegato come avviene la seconda fermentazione e la differenza tra metodo classico e metodo charmat. Sebbene la base della loro origine, cioè l’anidride carbonica, sia sapere comune, poco spesso si approfondisce la scienza del vino e delle bollicine.
È utile ricordare che le bollicine svolgono una funzione importante nei vini spumanti: portano in superficie gli aromi e tutte le componenti olfattive, e al sorso incidono sul mouthfeel e la complessità del vino. Vediamo quindi gli aspetti principali delle bollicine e dei vini spumanti, e come la scienza del vino sia un vero e proprio mondo da esplorare. Come sempre, si tratta di capire meglio i fenomeni chimico-fisici e le influenze dei fattori di winemaking per degustare consapevolmente.
Le bollicine: l’origine del perlage
La creazione di anidride carbonica all’interno del vino è il primo passaggio per capire la scienza delle bollicine. L’anidride carbonica risulta come sottoprodotto del lavoro dei lieviti usati nella seconda fermentazione del vino spumante. La CO2, mediamente intorno ai 9 grammi per la bottiglia da 0,75l, rimane intrappolata all’interno del contenitore e si dissolve nel vino, aumentandone la pressione.
La solubilità della CO2 all’interno del liquido è un fattore importante nel determinare la pressione e quindi l’origine del perlage. Gli studi rivelano che tale solubilità è profondamente dipendente dalla temperatura: all’aumentare della temperatura, la pressione aumenta di molto, mentre a temperatura di servizio (tra gli 8 e i 10 gradi) la pressione è intorno ai 6 bar.
Una volta aperta, la bottiglia di spumante passa da un ambiente a 6 bar all’atmosfera terrestre di 1 bar: per raggiungere il nuovo equilibrio la CO2 viene liberata dal liquido, e possono quindi formarsi le bollicine. La scienza del vino ci dice però che la liberazione del gas non avviene solo tramite le bollicine, ma anche attraverso il contatto della superficie del liquido con l’atmosfera (fenomeno non visibile ad occhio nudo). Per vedere l’effervescenza e quindi il famoso effetto delle bollicine, entra in gioco il fenomeno della nucleazione della CO2. Si tratta di un fenomeno strettamente dipendente dalle caratteristiche del calice utilizzato.
Scienza del vino: bollicine e reazioni all’interno del calice
Le bollicine, per formarsi, devono prima di tutto nascere dal raggruppamento (nucleazione) di varie molecole di CO2 intorno ad un centro. Questo fenomeno avviene principalmente per una causa: la presenza di imperfezioni nel vetro e di microscopiche fibre sul vetro che permettono la formazione di sacche d’aria. Da queste microscopiche sacche la CO2 può raggrupparsi e ascendere verso la superficie. Tali microfibre possono essere depositate attraverso l’asciugatura con un panno, oppure lo stesso effetto può risultare da sali e tartrati depositati dal vino o dall’acqua di lavaggio.
Questa prima constatazione rende evidente che ogni singolo bicchiere può calice la maniera in cui le bollicine si esprimono in termini di quantità.
Spesso durante il tasting di un vino spumante si valuta anche il perlage, cioè le caratteristiche delle bollicine durante la loro ascensione verso la superficie. Si dice che minore è la dimensione delle bollicine, maggiore è la qualità del vino spumante in questione.
La Scienza del Vino in realtà ci dimostra che la dimensione delle bollicine dipende da altri fattori, ed in particolare da: la quantità di acidi grassi, mannoproteine e in generale le sostanze rilasciate dalla lisi dei lieviti; la distanza che percorre la bollicina, considerando che all’aumentare di essa aumenta anche la dimensione della bollicina; la temperatura del vino spumante, che all’aumentare ingrandisce le bollicine; il contenuto totale di CO2 all’interno del vino spumante.
Come si evince, l’unico fattore direttamente collegato al vino in sé è la quantità di CO2 contenuta. Gli altri fattori sono relativi a questioni di servizio, di quanto vino viene versato nel calice e ovviamente della sua forma!
La forma del calice è importante nel definire il comportamento delle bollicine e la resa finale del vino spumante. I classici flute, alti e stretti, hanno il merito di liberare meno bollicine ma più a lungo, e con una dimensione in superficie maggiore. I calici più ampi, invece, come le coppe o i baloon, disperdono le bollicine molto velocemente, ma permettono un’analisi approfondita dei vini spumanti più complessi e affinati. Calici di media ampiezza sono la via di mezzo adeguata, soprattutto quando si degustano Champagne o Metodo Classico millesimati e strutturati.
L’effetto Marangoni: swirl, archetti e lacrime
L’effetto Marangoni è un tema interessante della Scienza del Vino, e fin troppo spesso lo si cerca anche nei vini spumanti. Attraverso la tecnica dello swirl, cioè della “roteazione del calice” per muoverne il vino all’interno, si può notare la formazione dei classici archetti, detti anche “lacrime del vino”. Questo fenomeno avviene semplicemente per la differenza di viscosità, tensione superficiale e volatilità tra l’acqua e l’alcol. A livello teorico, i vini con maggior contenuto alcolico dimostrano l’effetto Marangoni. L’alcol infatti ha una tensione superficiale minore ed una volatilità maggiore: quando si trova sulla parete del calice tende ad evaporare più velocemente dell’acqua, lasciando quindi una disomogeneità nel liquido in discesa e mostrando tali “archetti”.
In realtà, l’Effetto Marangoni dipende anche dalla temperatura, dal grado di pulizia del calice e quindi dalla presenza di depositi lungo le pareti, e basterebbe sigillare il calice per interrompere il processo di evaporazione. Risulta quindi una pratica poco efficace per la valutazione del vino e del suo livello alcolico.
A maggior ragione, quando si tratta di vini spumanti, tale pratica è ancora più erronea. Difatti è raro che i vini spumanti superino i 13% gradi alcolici, e quindi la differenza di tensione superficiale è difficile da notare. L’esplosione delle bollicine sulla superficie inoltre crea molti punti di deposito lungo le pareti del calice. Infine, l’eserizio dello swirl sui vini spumanti ha un effetto deleterio severo sul perlage, costringendo molta CO2 a liberarsi forzatamente.
Vini spumanti: la reazione di Maillard e il ruolo dello zucchero
Un ulteriore ambito in cui la Scienza del Vino ci fornisce risposte importanti sui vini spumanti è quello del ruolo dello zucchero nella liqueur d’expedition, e quindi del dosaggio finale.
Come sappiamo, la liqueur d’expedition può contenere diverse miscele di vini e altre sostanze, ed è uno degli elementi finali del winemaking dei vini spumanti nel definire lo stile. Anche il dosaggio, cioè la percentuale di zuccheri all’interno della miscela, gioca un ruolo importante.
Negli ultimi anni la tendenza in Italia è stata quella di ridurre sempre di più il dosaggio finale, puntando su vini spumanti Extra Brut o Brut Nature, più secchi e incentrati sull’acidità. Le altre regioni vitivinicole del mondo si sono mosse di conseguenza, e ora sempre più spesso è possibile trovare Champagne o English Sparkling Wine con pochissimi o zero zuccheri di dosaggio.
Tuttavia, la Scienza del Vino ci dimostra che, tramite la Reazione di Maillard, lo zucchero nei vini spumanti è rilevante soprattutto in termini di potenziale evolutivo.
La Reazione di Maillard è costituita da una varietà di interazioni che si verificano tra gli aminoacidi e le proteine all’interno del vino e gli zuccheri grazie all’interazione con l’ossigeno dopo la sboccatura.
Quando sono presenti zuccheri (come nel caso dei vini spumanti con dosaggio), queste interazioni aumentano la complessità organolettica e il mouthfeel del vino nel tempo, sviluppando nuovi composti altrimenti non presenti. L’origine dell’aroma di caramello tostato, per esempio, deriva proprio dalla Reazione di Maillard.
Quando invece lo zucchero non è aggiunto, questi composti organolettici non possono svilupparsi, e il potenziale evolutivo di un vino spumante cala, così come cala la sua complessità e struttura.
La Reazione di Maillard dipende indirettamente anche dall’acidità del vino spumante, cioè dal suo pH: più tende verso valori basici, più tale reazione sarà veloce. Anche la zona di produzione del vino spumante, con il suo effetto sul clima e quindi sul pH, andrebbe quindi tenuta in considerazione nel valutare la possibilità di aggiungere zucchero e favorire una veloce Reazione di Maillard o meno. Basti pensare alle differenze di acidità tra un vino spumante in Franciacorta e uno nel West Sussex in Inghilterra.
In conclusione, una piccola curiosità: 9 grammi di CO2 rappresentano l’equivalente di circa 5 litri di volume. Questo significa che una bottiglia di vino spumante contiene circa 6 volte la propria quantità di anidride carbonica! La Scienza del Vino davvero può aiutarci a capire meglio cosa degustiamo, e soprattutto a degustare con più coscienza.
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