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Vini analcolici: il mercato emergente dei NOLO wine
I vini analcolici o no-low alcohol wine (NOLO) sembrano non essere solo una moda passeggera. Se fino a qualche anno fa la tendenza era quella di preferire vini caratterizzati da un grado alcolico elevato, spesso inteso come sinonimo di qualità, oggi si assiste a un’inversione di marcia. La spinta di questo cambiamento sembra provenire da più motivazioni.
La prima è la svolta, per così dire, salutista: c’è una maggiore attenzione nei confronti della salute, una consapevolezza in termini di alimentazione e la volontà di un minor apporto di calorie (un calice di vino tradizionale sui 13% avb ha circa 125 kcal scende a 35 per un calice di vino analcolico). Tantissime persone non bevono alcolici anche per motivi religiosi, l’Islam ad esempio non permette ai fedele di assumere alcol. Ancora ci sono persone che vogliono restare lucide, andare a cena fuori senza dover rinunciare al piacere del vino, ma senza il rischio poi di non riuscire a guidare. Sempre più giovani, Millenials e GenZ scelgono bevande alternative al classico vino, come abbiamo visto ad esempio per il vino alla cannabis.
Vini analcolici e i dati di un mercato in crescita
La domanda globale di vini ‘alcol zero’ o con tenore alcolico ridotto è aumentata in misura significativa negli ultimi anni. Secondo Federvini il mercato dei no e low alcol ha avuto un valore di 10 miliardi di dollari nel 2021. I mercati aperti a livello internazionale sono una decina e sono molto importanti sia in termini di volume che in termini economici. Parliamo ovviamente degli USA e UK che guidano la classifica, ma anche grossi mercati come l’Australia, il Brasile, il Canada o il Giappone. In Italia è ancora quasi sconosciuta o comunque poco diffusa come pratica, ma in Europa paesi come Francia e Germania sono già all’opera.
Il mercato NOLO wine è ancora nella sua fase iniziale di crescita in molte categorie e aree geografiche, mentre il settore continua a definirsi, anche a livello normativo, le aziende che riusciranno a posizionarsi per prime e superare le barriere del gusto, del prezzo, del formato della confezione e del pregiudizio, si accaparreranno una buona fetta di mercato nei prossimi anni.
Come si ottiene un vino analcolico?
I vini analcolici o vini dealcolizzati sono privati in tutto o in parte dell’alcol. Per il mercato europeo si definisce tale quando il livello alcolico è inferiore allo 0.5% abv. In Europa la pratica della dealcolizzazione è consentita dal 2009 (ex reg. CE 606/09) per consentire la correzione di gradazioni alcoliche eccessive causate dal global warming e quindi con elevati zuccheri nelle uve. Non era consentito per vino a denominazione e in ogni caso il vino non doveva scendere sotto il 9% abv. Con il nuovo regolamento UE 2021/2117 si consente invece la produzione di vini analcolici e si delineano anche le norme di produzione e le categorie. È possibile produrre no-low alcol sia di vini fermi che di vini frizzanti o spumanti.
Il vino dealcolizzato viene prodotto dopo la fermentazione, vuol dire che la prima fase di produzione è quella tradizionale della vinificazione. Per rimuovere l’etanolo si utilizzano poi due metodi principali:
- Spinning Cone o parziale evaporazione sottovuoto: grazie a una bassa pressione sotto vuoto sul vino (80 mbar) l’alcol evapora a bassa temperatura (25/35°) in pochi minuti. Questa tecnica limita la perdita di aromi volatili e garantisce una migliore conservazione delle qualità organolettiche del vino, fino a raggiungere una gradazione inferiore allo 0,05%. La distillazione separa gli elementi come alcol e aromi, e successivamente potranno essere reintrodotti. Tale sistema a bassa temperatura ha un impatto sulla qualità del prodotto perchè non si perdono preziosi aromi del vino.
- tecniche a membrana o l’osmosi inversa: il vino viene fatto passare attraverso membrane semi-permeabili a pressione elevata (fino a 40 atm), ottenendo una miscela di acqua di vegetazione – ricca in composti fenolici e altri composti – e alcol. Quest’ultimo viene separato per distillazione, mentre l’acqua di vegetazione viene reintegrata nel vino originale per non disperdere gli aromi.
Che sapore ha il vino dealcolizzato?
Come abbiamo visto le tecniche di dealcolizzazione cercano di salvare i composti volatili e le caratteristiche organolettiche del vino dopo averlo separato dall’alcol. Ma la mancanza di alcol rende più difficile sentire gli aromi del vino, avremo quindi vini meno intensi. I vari processi di rimozione dell’alcol inoltre possono anche rimuovere parzialmente i tannini.
La sottrazione dell’alcol ha quindi un impatto significativo sulla struttura del vino, sia per quanto riguarda alcol e tannini, sia per l’acidità. La sfida dell’enologo è riuscire a mantenere l’equilibrio del vino nelle sue principali componenti acida, dolce e amara. Molti vini analcolici hanno residui zuccherini variabili per compensare la sensazione dolce data dall’alcol e per dare equilibrio con l’acidità. Molti vini analcolici riescono a mantenere gli aromi varietali e le caratteristiche del vitigno d’origine.
Senz’altro è un settore in via d’espansione e con la richiesta crescente sicuramente si affineranno anche le tecniche di produzione, cercando di limitare sempre più la perdita di aromi e migliorando l’equilibrio, che attualmente sembrano essere i due ostacoli principali.