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Trend del mondo vino: le nuove frontiere dei mercati
Analizzare la situazione mondiale del vino e scomporne le variabili per identificare i trend del mondo vino è una sfida complessa, che impone uno studio lungo tutti gli anelli della filiera.
L’emergenza sanitaria ha imposto limitazioni ai principali punti di sbocco commerciale del vino, obbligando tutti gli attori a valle della filiera vitivinicola a trovare nuovi canali di vendita.
Per gli attori a monte della filiera vitivinicola, invece, problematiche relative alle forniture e alla logistica hanno creato forti discontinuità lungo la supply chain del vino.
Dal punto di vista sociale, cioè dei consumatori finali, i cambiamenti negli stili di vita hanno invece dato origine a nuove nicchie di mercato e messo in luce dei trend da intercettare.
Analizziamo di seguito nel dettaglio quanto sta accadendo in tutti questi ambiti, e come alcuni trend del mondo vino possano rivelarsi utili per la conquista di nuovi vantaggi competitivi. Ne avevamo parlato anche a inizio anno in questo video sui trend del mondo vino nel 2022. Vediamo come stanno andando le cose. Ecco i punti di cui tratteremo:
- La supply chain del vino è in crisi, ma è un’opportunità per molti
- La diversificazione dei mercati sempre più importante
- La sostenibilità gioca un ruolo ormai fondamentale, ma non è solo ambientale
- Consumatori-esploratori del vino, conseguenze per ristoranti ed enoteche
- E-commerce, la vendita di vino online è qui per restare
- Nuove tipologie di vino espandono gusti e possibilità commerciali
- Vino naturale, biodinamico o biologico? Categorie mainstream con cui fare i conti
La supply chain del vino è in crisi, ma è un’opportunità per molti
Consideriamo alcuni fattori esterni al mondo del vino che caratterizzano il presente: la crisi dei trasporti mondiale, l’aumento del costo dell’energia, la carenza di materie prime soprattutto per i fornitori (vetro, placchette, plastiche lavorate per il packaging, etc.). È una situazione che impone di parlare di una crisi interna alla supply chain del vino, che da congiunturale si sta trasformando in tendenza strutturale, causando peraltro un generale clima di inflazione dei prezzi. Forse non è un vero e proprio trend del mondo vino, ma senz’altro un elemento da non trascurare.
Sia per il mercato nazionale che per i mercati internazionali tale trend si traduce in una importante realtà: non sarà più così facile posizionare (o trovare) il vino nei point of sale di sempre, siano essi ristoranti, enoteche o distribuzioni.
La generale scarsità di vino, l’aumento dei prezzi e la difficoltà a raggiungere mercati una volta consolidati, si traduce infatti in difficoltà di vendita ed export per la maggior parte delle cantine. In particolare, in situazione di insufficienza di vino per tutti i canali, le cantine saranno chiamate a scegliere dove posizionare i propri vini e dove non farlo più.
Con una conseguenza che potrà essere positiva per molti: le denominazioni considerate minori, le cantine meno conosciute, i piccoli viticoltori e vignaioli di nicchia potranno sfruttare i buchi lasciati nel mercato dai brand più grandi.
La maggior polverizzazione del mercato favorirà tutte le cantine e i consorzi delle zone meno famose che sapranno comunicare al meglio le peculiarità delle proprie denominazioni e dei vini di nicchia agli operatori dei mercati, assetati di nuovo vino da commercializzare per non perdere volumi di vendita.
La diversificazione dei mercati sempre più importante
Legato a doppio filo al trend precedente, la diversificazione dei mercati è una considerazione di carattere più generale. È infatti necessario parlare sia di mercati di vendita, sia di mercati di approvvigionamento.
Nell’ultimo global report Wine Quarterly 2022 di Rabobank, lo stato mondiale dei flussi commerciali di vino è analizzato sotto la lente dei diversi fattori di crisi che abbiamo anticipato nel Trend 1. L’argomentazione principale, cioè che questi fattori stiano passando da tendenze congiunturali a tendenze strutturali, sfocia in una considerazione strategica molto importante: è necessario adottare una strategia di diversificazione dei mercati lungo tutti gli anelli della filiera vitivinicola.
Pensiamo ad esempio al recente caso Russia-Ucraina, che ha messo al bando dai rapporti commerciale un’intera fetta di mercato medio-alto spendente. Un altro esempio, che ha colpito un mercato non italiano, è rappresentato dal rapporto commerciale tra Cina e Australia: nel 2021 i dazi cinesi sul vino australiano sono improvvisamente quasi raddoppiati, in risposta ad un contenzioso di politica commerciale tra i due paesi. Essendo la Cina primo mercato per il vino australiano, il risultato è stato tragico per quei produttori che si erano focalizzati sul vendere tutto all’interno del solo mercato cinese.
Anche per quanto riguarda la filiera dell’approvvigionamento dei materiali di consumo e dei prodotti di uso comune in vigna ed in cantina, una diversificazione delle fonti di acquisto può risultare in un minor rischio di ritrovarsi in urgenza di determinati prodotti esauriti alla fonte.
Impostando una solida strategia di diversificazione dei mercati, sia di approvvigionamento che di vendita, sarà possibile mitigare i rischi geopolitici e commerciali attraverso una maggior suddivisione degli sbocchi di vendita del vino (per i produttori) e dei materiali di consumo (per i produttori di packaging e di prodotti agro-enologici).
La sostenibilità gioca un ruolo ormai fondamentale, ma non è solo ambientale
Il termine “sostenibilità” è diventato oggi all’ordine del giorno nella maggior parte degli ambiti sociali. Ogni sfera della quotidianità collettiva viene colpita dai concetti della sostenibilità e non si può fare a meno di considerarla ormai un “must do” in qualsiasi attività. Non potevamo quindi non inserirlo nei nostri trend del mondo vino.
Nella filiera vitivinicola la sostenibilità passa sicuramente dalle pratiche di vigna e di cantina, ove la scelta dell’utilizzo di taluni prodotti agro-enologici piuttosto che l’adozione di sistemi di riciclo dell’acqua e di produzione di energia pulita sono un primo passo.
La sostenibilità nel vino è però un discorso più ampio, che abbraccia diverse scelte non solo produttive ma anche di politica commerciale e di marketing: basti pensare all’utilizzo di carta riciclata o meno, alle plastiche utilizzate, al peso delle bottiglie e conseguente impatto logistico.
Dal punto di vista sociale, sempre più consumatori cominciano ad informarsi anche sull’impatto delle aziende agricole sulle persone che ci lavorano (pensiamo ai temi del lavoro in vigna) e più in generale sugli ecosistemi in cui si inseriscono, valutando in maniera positiva, ad esempio, anche le attività culturali (legate a doppio filo con il tema dell’enoturismo) ed il rapporto con la collettività (comuni, regioni ma anche il terzo settore).
La sostenibilità economica, in ultimo, è l’anello più critico della catena: se è vero che la sostenibilità ambientale e sociale sono sempre più driver di scelta per l’acquisto di un vino, il prezzo è l’elemento finale che determina la possibilità per un’attività vitivinicola di restare sul mercato (tramite la vendita dei prodotti) e di continuare ad operare in maniera sostenibile (sostenendo gli investimenti necessari). La comunicazione della sostenibilità sarà quindi man mano sempre più importante per tutta la filiera vitivinicola.
La filiera del vino, trattando principalmente pratiche agricole, non può esimersi dall’abbracciare la sostenibilità in tutti i suoi aspetti. Si tratta sia di valutare l’impatto ambientale delle proprie attività, sia l’impatto sociale ed economico: la filiera vitivinicola è infatti prima di tutto una filiera commerciale, che deve fare i conti con costi e ricavi in ogni punto della catena produttiva e di approvvigionamento.
Consumatori-esploratori del vino, conseguenze per ristoranti ed enoteche
Il consumatore-esploratore, così definito per la sua propensione a cercare novità e a lasciarsi affascinare dal meno conosciuto e dalle nicchie, è una fascia di mercato sempre più importante. Sia per potere di spesa, ove il consumatore-esploratore è generalmente predisposto a pagare un premium price per un vino di nicchia o una “chicca”, sia la per dimensione di questa fascia di mercato. Una dimensione che, post-Covid19, si è dimostrata in aumento come testimoniano vari studi di settore, tra cui il Report Vino e Spirits 2021 di IPSOS e Centro Studi Mediobanca.
Il consumatore-esploratore nel mondo del vino post-Covid19 va osservato e curato con attenzione da ristoranti, enoteche e pubblici esercizi in genere, in quanto non cerca più solo i nomi blasonati e le grandi denominazioni. Al contrario chiede, attraverso lo scambio di fiducia con il brand del locale o con il Sommelier/Wine Specialist, di lasciarsi guidare alla scoperta di nuove realtà vitivinicole, spesso di nicchia oppure da zone di produzione nuove o remote. Si tratta quindi di un appassionato o addirittura un vero e proprio conoscitore, che sceglie le sue mete in relazione alla Carta dei Vini prima ancora che alla cucina o al format.
Il consumatore-esploratore richiede un approccio critico alla Carta dei Vini, alla ricerca della continua novità, ed esige una continua messa in discussione della stessa da parte del Sommelier/Wine Specialist che non può fermare mai il processo di ricerca e selezione.
Dunque via libera alla redazione di “Carte dei Vini in continuo divenire”, popolate da varie e variegate realtà e fonti di approvvigionamento, in contrapposizione ad un precedente approccio che selezionava pochi fornitori solidi con cui lavorare in maniera esclusiva. Questo è senza dubbio un trend del mondo vino di cui parleremo per diversi anni.
E-commerce, la vendita di vino online è qui per restare
La crescita del commercio elettronico di vino è un fenomeno che negli ultimi anni è stato dato quasi per scontato, soprattutto a cavallo della pandemia e dell’impossibilità in molti momenti di potersi muovere liberamente per reperire vini e prodotti alimentari.
Secondo una recente analisi di mercato globale di ISWR, società di ricerca inglese specializzata, l’e-commerce continuerà infatti a crescere anche nei prossimi anni. Il dato da considerare è però un altro: a fronte di un ristretto numero di big player (leader di mercato), le formule di commercio elettronico di vino si stanno man mano evolvendo e le distinzioni tra mercato fisico e mercato digitale son sempre meno marcate. Nascono così e-commerce volutamente di nicchia, che nell’avere un giro d’affari contenuto trovano la loro ragion d’essere e si affiancano spesso a punti vendita fisici per evolversi in soluzioni di commercio ibrido. Così come accade il contrario, e locali una volta dediti principalmente alla vendita in loco evolvono in modelli di business più complessi.
A ciò si affiancano con sempre maggior decisione le singole cantine, se non anche consorzi e gruppi di produttori vitivinicoli più o meno organizzati tra di loro. È il fenomeno del Direct-to-Consumer, che promette disintermediazione e spesso prezzi più calmierati.
L’altro lato della medaglia è un nuovo tipo affollamento di proposte commerciali spesso molto simili tra loro, senza punti di differenziazione evidenti. Il lavoro più importante diventa quindi quello di operare delle scelte strategiche nette a livello di business model, ad esempio segmentando precisamente il proprio target oppure rivolgendosi esclusivamente ai mercati esteri.
La più potente risorsa offerta dall’ecosistema digitale è quella dei dati, che sempre di più andranno sfruttati per aumentare i servizi offerti e la personalizzazione dell’esperienza, tanto nel mondo digitale quanto nella commistione con il mondo fisico. Con la precisazione che tali dati rappresentano un’arma a doppio taglio e vanno utilizzati in accordo con le leggi sulla privacy, che all’estero possono essere più complesse e vanno studiate caso per caso.
Bisognerà ripensare i propri business model dando per assodato che l’e-commerce sia qui per restare, e anzi possa continuare a crescere ed evolversi in nuove forme anche nel mondo post-Covid19. Il ruolo dei dati e della loro elaborazione sarà di fondamentale importanza in questo senso.
Nuove tipologie di vino espandono gusti e possibilità commerciali
L’innovazione di prodotto e di processo nel vino è stata più lenta che in altri settori della Drink Industry, soprattutto a causa di un’ampia fetta di consumatori legati alla tradizione, considerazione che vale soprattutto per il vecchio mondo. Nel nuovo mondo, invece, le minori costrizioni culturali e antropologiche rispetto al vino hanno permesso il proliferare di innovazioni in vari ambiti, soprattutto legate al prodotto ed al suo marketing.
È per esempio il caso dei No-Lo Wine, vini a ridotto oppure zero tasso alcolico (uno dei trend del mondo vino di cui vi avevamo già parlato nell’articolo sui vini analcolici), settore che secondo Nielsen USA è in rapida crescita e rappresentava nel 2021 ben 3,1 miliardi di dollari. Legato ai No-Lo Wine rientra anche il nuovo settore dei vini alla Cannabis, con tutte le complicazioni legislative relative all’utilizzo di cannabinoidi (per approfondire, puoi leggere vino e cannabis cosa hanno in comune). In entrambi questi casi le innovazioni considerate coinvolgono anche fattori “di processo”, soprattutto per i trattamenti post-fermentazione alcolica.
Ulteriori casi di innovazione di prodotto li troviamo anche nel crescente utilizzo dei cosiddetti “vitigni resistenti”. Si definiscono vitigni resistenti le nuove specie ottenute dall’incrocio genetico tra viti europee di varietà Vitis Vinifera (quelle a cui siamo abituati trovare nei nostri vini, come Chardonnay e Pinot Noir) e viti asiatiche o americane di altra varietà (Vitis Riparia, Vitis Ruprestris, etc). Così come ottenuto ai primi del 900 con l’utilizzo dei portainnesti, tali nuove varietà riescono a sopportare malattie e attacchi di insetti normalmente dannosi o mortali per le classiche Vitis Vinifera. In questo modo anche la sostenibilità ambientale ne beneficia, rivelandosi necessari meno trattamenti e meno accorgimenti in vigna. Il principale ostacolo in Italia è legato alla burocrazia, e ai disciplinari di produzione che ancora non si aprono alla regolamentazione di tali varietà resistenti.
Infine, nuovi sforzi di innovazione di prodotto si stanno osservando dal punto di vista del marketing e soprattutto del packaging (per un approfondimento: nuovi packaging del vino ). Il formato del BIB (Bag in Box) ne è un esempio, e si sta lentamente assistendo ad un processo di premiumization: sempre più viticoltori, soprattutto nell’ambito delle produzioni di nicchia, stanno lavorando per legittimare tale formato. Si tratta di fatto di contenitori inerti e salubri per il vino, che ne rendono il servizio comodo e veloce limitando i fenomeni ossidativi al minimo. Anche la fascia di mercato dei Canned Wines, i vini in lattina, è in rapido aumento e si rivela all’estero un vero e proprio driver di vendita nelle fasce di mercato più attente all’innovazione (solitamente composta da Millennials e Generazione Z).
La scelta dei mercati, esteri piuttosto che interni, e l’attenta analisi di ricerche di mercato specifiche sono un punto di partenza importante per valutare gli investimenti in innovazione e la loro natura.
Vino naturale, biodinamico o biologico? Categorie mainstream con cui fare i conti
Vino biologico, biodinamico, naturale: un trend del mondo vino che non è più un trend. Infatti fino a pochi anni fa questi termini erano sinonimo di controcultura, e nel consumatore l’atto di acquistarli e berli prendeva un significato di rivendicazione sociale e partecipazione ad una nicchia culturale ricca di simbolismo. Oggi la narrazione su queste categorie è molto viva, ma non si tratta più di una nicchia quanto di una pluralità di fasce di mercato mature e mainstream.
Il numero crescente di associazioni e organi di certificazione hanno contribuito a rendere queste categorie conosciute al grande pubblico, che dopo una prima polarizzazione ha accettato di buon grado i vini nati sotto queste pratiche e filosofie. L’ultimo caso in ordine cronologico è quello del “Vin Méthode Nature” francese, un organo di certificazione volontaria autorizzato nel 2020 e che conta numeri di partecipanti crescenti anche se perlopiù localizzati in Francia.
Tuttavia, non è solo il proliferare di certificazioni in sé ad aver portato queste filosofie al grande pubblico, quanto piuttosto la commistione di più fattori. Il più generale movimento della sostenibilità ambientale degli ultimi 20 anni ha avuto come effetto quello di smuovere le coscienze dei consumatori in tutti gli ambiti, anche nel vino. Al tempo stesso, l’avvento dei social ha fondato le basi per la condivisione delle nicchie culturali tra persone una volta lontane. La maggior attenzione alla gestione dei suoli, della vigna, dell’impatto della chimica di sintesi e degli interventismi in cantina ha smosso tutte le tipologie di produttori, portando anche il comparto “convenzionale” a cercare nel biologico prima, e nel biodinamico e naturale dopo, nuove pratiche più adeguate al corso dei tempi. Una volta che i consumatori si sono dimostrati pronti a pagare un premium price per questo, il settore dell’Horeca ha fatto propri tali valori. Al contempo, l’aumento della polverizzazione del mercato all’ingrosso di vini ha fatto sì che sempre più importatori e distributori di piccole dimensioni potessero ritagliarsi nicchie di mercato attraverso vini legati a filosofie estreme di produzione. Il risultato di questo insieme di fattori ha portato a sfocare i confini di segmenti di mercato una volta netti, e ha portato così molti vini e produttori sull’onda del mainstream.
L’impatto del trend biologico, biodinamico e naturale nel mondo del vino ha sortito effetti su consumi e consumatori, ma questa è solo una parte della storia: il mercato a monte della filiera vitivinicola, quello degli approvvigionamenti di materiali agronomici ed enologici ha dovuto affrontare tale cambiamento, adeguando le proprie offerte ai nuovi paradigmi e ai requisiti di certificazioni sempre nuove e diverse.
La penetrazione sul mercato di queste categorie di prodotti e produttori, pur con varie differenze tra singole regioni o nazioni, è sempre più elevata. Anche per gli attori a monte della filiera, fornitori di materiali agro-enologici, è riscontrabile un grande movimento di innovazione e sempre maggior attenzione dovrà essere posta a tale comparto.